Chiesa Santissimo Salvatore
La chiesa del Santissimo Salvatore pur rappresentando uno dei massimi esempi di arte barocca a Palermo, venne fondata in epoca normanna, nel 1071, da Roberto il Guiscardo, che subito dopo aver conquistato la città insieme al fratello Ruggero, al tempo sotto la dominazione araba, decise di edificare in questo luogo una chiesa ed un annesso monastero, sotto la regola di San Basilio Magno.
Dell’epoca normanna nulla rimane se non il chiostro dell’ex monastero, oggi trasformato in scuola a seguito della confisca dei beni ecclesiastici del 1866.
Il monastero era uno dei più ricchi della Sicilia ed era abitato da fanciulle provenienti dalle più nobili famiglie palermitane. La fama del monastero era tale che, secondo la leggenda, sia Costanza d’Altavilla, poi divenuta Regina in seguito alle nozze con Enrico VI Hohenstaufen e madre di Federico II, che Santa Rosalia, patrona della città di Palermo dal 1624, fossero entrambe appartenute all’ordine basiliano.
La prima trasformazione della chiesa si ebbe nel 1528, quando l’antica struttura normanna assunse forma basilicale, divisa in tre navate con cappelle laterali.
La conformazione odierna è opera di Paolo Amato, che nel 1682, incaricato dalla badessa del tempo trasformò radicalmente la chiesa. L’ingresso, fino ad allora sulla via SS. Salvatore venne spostato sul Cassaro, l’odierna via Vittorio Emanuele, asse lungo cui tutte le residenze prestigiose si insediavano in quel periodo.
L’unicum della chiesa è rappresentato dalla sua architettura, l’Amato concepisce un’architettura con vestibolo d’ingresso a gradini e colonne laterali, rimando al tempio di Salomone. L’aula unica ha pianta greca inscritta in un dodecagono irregolare, i dodici lati che compongono la struttura rimandano sia all’Antico che al Nuovo Testamento, dodici sono le Tribù di Israele ma anche gli Apostoli. La chiusa strutturale è affidata ad una cupola ellittica, percorribile a 360° dall’esterno donando una vista completa sulla città. Le forme barocche ben si coniugano con lo stile del tempo che privilegia l’eclettismo e gli spazi teatrali.
Sia il vestibolo d’ingresso che la cupola vennero affrescate, a partire dal 1763, da Vito D’anna con scene relative a San Basilio Magno. Nelle pareti dello scalone d’ingresso troviamo a destra “La guarigione del bambino malato” e a sinistra “La Predica di S. Basilio”. Sulle lunette del vestibolo le Virtù Cardinali (Giustizia, Fortezza, Temperanza, Prudenza).
Marmi mischi e tramischi abbelliscono le pareti della chiesa, decorazione questa tipica delle chiese barocche. Questa particolare tecnica prevede l’utilizzo di diverse tipologie marmoree “mischiate” tra loro in un gioco bidimensionale, con lastre intagliate (marmi mischi) e tridimensionale, con sculture che emergono dalla superficie (tramischi).
I pesanti bombardamenti che interessarono la città nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, colpirono anche la chiesa: una bomba infatti centrò la cupola distruggendo parte dell’affresco e delle decorazioni parietali, oggi reintegrate con stucchi bianchi in sostituzione dei marmi policromi originali. Per molti anni la chiesa rimase abbandonata e fu soltanto nel 1959-60, grazie all’intervento di Franco Minissi, che la chiesa assunse una nuova funzione: quella di auditorium. Destinazione d’uso che, oltre quella ecclesiastica, mantiene ancora oggi.
Per adempiere a tale nuova funzione, l’asse prospettico venne ruotato: non più frontale, rispetto all’ingresso, ma laterale, per ottimizzare l’acustica.